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La politica e gli abusi nel Marghine

Oggi il sindaco di Borore Tore Ghisu annuncia le sue dimissioni da membro della Giunta dell’Unione dei Comuni del Marghine con queste parole:
“Le mie dimissioni da componente della Giunta esecutiva (…) sono la presa d’atto di una situazione di profonda e per certi versi insanabile difficoltà ad operare all’interno della stessa Giunta. Condizioni di difficoltà che peraltro sono state determinate non già da scelte programmatiche non condivise, ma da valutazioni differenti relative a semplici atti burocratico-amministrativi che avrebbero meritato senz’altro un approccio diverso”. Tuttavia, Ghisu non tace che, a suo avviso, l’Unione dei Comuni è ormai da troppo tempo un ente “lento, e in alcuni casi, praticamente bloccato, sia nell’azione programmatica che in quella più strettamente operativa”.

A leggere queste motivazioni, non si può non constatare l’esigenza di una loro traduzione dal ‘politichese’ all’italiano corrente, che proviamo ad azzardare: “C’è stato un atto amministrativo che non ho condiviso, ma c’è comunque una crisi politica che richiede un azzeramento”.

Sulla motivazione politica non si può aver niente da ridire, è legittima e anche normale.
Sull’atto amministrativo è lecito chiedersi ‘chi ha fatto che cosa’ e come lo ha fatto, al punto da far risultare quell’atto come detonatore di una crisi politica divenuta di portata generale.

L’autore dell’atto amministrativo scatenante è inevitabilmente identificabile nel presidente dell’Unione dei Comuni, il sindaco di Silanus Gian Pietro Arca, lo ‘sfiduciato’ non solo da Ghisu, ma anche da altri quattro sindaci (Sindia, Bolotana, Dualchi, Macomer e per l’appunto Borore).

L’atto amministrativo in questione è una vicenda raccontata a rate dai giornali in queste settimane. Per pura comodità rinviamo all’articolo sull’Unione Sarda di Francesco Oggianu.

Proviamo a ricostruire i fatti.
Un ufficio dell’Unione dei Comuni del Marghine ha concesso un’area esterna dell’ente a due giovani imprenditori.
Il Presidente dell’Unione, Gian Pietro Arca, viene informato da terzi che i due non solo hanno riassettato l’area esterna, ma che sarebbero anche entrati nell’edificio, non compreso nella concessione, e vi avrebbero realizzato dei lavori.
Il Presidente dell’Unione avrebbe chiesto conferma del fatto al sindaco di Bolotana, suo vice nell’Unione dei Comuni, il quale sindaco avrebbe smentito l’esistenza dei lavori.
Tuttavia il Presidente Arca riceve nuove lamentele e alla fine si accerta di persona che i due imprenditori sarebbero entrati nell’edificio e vi avrebbero svolto dei lavori.
I due, nell’articolo di Oggianu che abbiamo citato, confermano di aver svolto dei lavori all’interno dell’edificio.

Le domande a questo punto divengono le seguenti:
1) cosa avrebbe dovuto fare un Presidente dell’Unione dei Comuni che avesse visto esplicitamente violato un edificio di proprietà dell’ente?
2) perché è dovuto intervenire il Presidente dell’Unione e non un ufficio tecnico dell’ente, come più dirette ed evidenti responsabilità di vigilanza e di gestione?
3) ma davvero si vuole usare un provvedimento a tutela del patrimonio dell’Unione dei Comuni, peraltro utile anche a evitare eventuali prelazioni future, evidentemente lesivo dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge (lo stesso stabile era stato richiesto da altri cittadini negli anni passati e non era stato mai concesso in attesa di un bando pubblico) come motivo di una crisi politica?
4) davvero la crisi politica è volta a revocare gli atti amministrativi messi in atto dal presidente Arca a tutela dell’Ente?
5) Ma davvero dopo il lungo e apprezzabilissimo lavoro, fatto prevalentemente da volontari, per affermare Badde ‘e Salighes come destinazione turistica e luogo di elaborazione di una strategia per il ripopolamento della Sardegna, dopo i convegni su Piercy, si vuole ricominciare con le concessioni “a schidionata”, direbbe Sklovskij, cioè con concessioni basiche aperte a inserimenti a piacere?

Non si fanno le crisi politiche sugli atti amministrativi legittimi, semmai le si dovrebbero fare su quelli illegittimi, ma forse l’urgenza politica ha portato a valorizzare l’occasione sbagliata sulla quale sarebbe bene che le posizioni dei singoli amministratori fossero chiare.