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Unione dei Comuni in fascia protetta

Quattro ore di confronto non sono bastate ai sindaci del Marghine  per uscire dalla situazione di stallo nella quale  l’Unione dei comuni si è impantanata in seguito alla contrapposizione (cinque contro cinque) tra chi vorrebbe imporre l’azzeramento dell’ente e chi invece non accetta imposizioni. Poiché in questo caso “uno vale uno”, cioè ogni sindaco conta un voto e non, come alcuni vorrebbero, vale di più chi amministra comuni con più abitanti,  tutto resta com’è. Nessuna pretesa di governo ha la maggioranza e nessuna politica viene messa in campo per costruirla.

Nell’assemblea di ieri il dibattito è andato avanti per quattro ore con un confronto che, stando a quanto è stato poi riferito, avrebbe assunto anche toni aspri, ma giusto per cogliere la differenza tra realtà e rappresentazione e allineare la realtà ai fatti, c’è chi ha riferito anche che i toni sarebbero a momenti scaduti in un linguaggio da fascia protetta.

Intanto è tutto fermo.

Dei due argomenti all’attenzione dell’assemblea, l’adeguamento del Plus (il piano per i servizi alla persona) e l’utilizzo degli avanzi di bilancio, non si è neppure parlato.

Il prossimo appuntamento è per il 30 ottobre, cioè fra una settimana, ma se un bel giorno si vede dal mattino, è poco probabile che fra sette giorni si riesca ad approdare a qualcosa di nuovo dato che le posizioni si sono cristallizzare in una situazione di perfetto stallo.

Mentre Macomer e il Centro Sardegna sono scivolati da tempo in fondo alla classifica della rilevanza, soprattutto politica, questo ente che, stando al nome, dovrebbe incarnare l’unità della zona, si presenta profondamente diviso, attraversato da disegni egemonici, da un lato, e da lotte di resistenza dall’altro. Specchio dei tempi? Il Marghine è regredito al restauro di vecchie egemonie?

Non è che i cittadini se ne siano accorti più di tanto, anche perché il ruolo svolto negli anni ha avuto poca incidenza sia in termini di sviluppo che di servizi.

Nata dalle ceneri della Comunità montana, l’Unione avrebbe dovuto gestire servizi associati per consentire ai comuni con i bilanci  ridotti all’osso di realizzare economie e utilizzare le risorse per altro. Invece sembra essere ritornata una logica di campanile che ricorda gli anni della contrapposizione tra Bosa e Macomer.