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Unione dei Comuni: la faida continua. No alle donne

La sensazione è che l’Unione dei comuni del Marghine sia arrivata al capolinea.
Così come era negli accordi che sembrava avessero posto le basi di una pace duratura dopo le divisioni che per tutta l’estate e gran parte dell’autunno avevano paralizzato l’ente, l’assemblea dei sindaci della zona si è riunita per eleggere il nuovo presidente e la giunta esecutiva.

Doveva essere una fumata bianca al primo voto, invece è andato tutto in fumo.
La ritrovata unità, fatta di cocci incollati con la saliva, si è frantumata alla prima divergenza.

Il dibattito pacato del quale si parlava nell’ultimo stringatissimo comunicato di difficile interpretazione, ma anche di lettura, ha lasciato spazio alle contrapposizioni e al muro contro muro dai quali emerge che il territorio è fortemente diviso in un momento estremamente difficile di crisi.
Così come si presenta oggi non è in grado di combattere e vincere battaglie, non solo su temi importanti come quelli dello sviluppo, della sanità che smantella a Macomer e nella zona e della nuova ferrovia per Nuoro che taglierebbe fuori Macomer e il Marghine, ma anche sui temi minori e le questioni spicciole che assieme si possono risolvere.

Alla fine alla presidenza dell’ente è stato eletto il sindaco di Sindia Franco Scanu, che subentra al presidente uscente, il sindaco di Silanus Gian Pietro Arca.

Cinque sindaci (Birori, Bortigali, Lei, Noragugume e Silanus) hanno abbandonato l’assemblea. Chiedevano che i due assessori (o se vogliamo vice presidenti) fossero due donne, ma gli altri cinque hanno respinto la proposta.

Con Franco Scanu sono stati eletti il sindaco di Borore, Tore Ghisu, e il sindaco di Noragugume, Rita Zaru, che ha subito annunciato l’intenzione di dimettersi.

La frattura di inizio estate si è riproposta identica nella riunione per l’elezione del presidente e questa volta non sembra sanabile. Il rischio è che l’Unione del comuni del Marghine finisca per sgretolarsi senza che ci siano alternative per sostituirla con altri enti. Macomer e il suo territorio, che già oggi sono politicamente irrilevanti sia a livello provinciale che regionale, finiranno per sprofondare in un abisso di irrilevanza dal quale non sarà facile risalire in superficie. L’ente, intanto, sembra avviarsi verso il soffice, etereo immobilismo di sempre. I protagonisti di questa vicenda dai contorni piuttosto oscuri, per non dire grotteschi e paradossali, dovranno ora decidere come chiuderla. L’impressione è che il loro ruolo pubblico abbia ormai raggiunto la saturazione storica.