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Macomer: vi racconto la mia odissea sanitaria

È uno dei componenti più attivi dei comitati e delle associazioni che si battono in difesa della sanità pubblica.
Da un mese a questa parte è anche uno dei più informati su come vanno le cose nei servizi sanitari perché lo ha constatato di persona sulla propria pelle.
Se grida più degli altri contro lo scandalo dei disservizi, quando non si tratta di servizi negati, ha mille ragioni per farlo.
Non pubblichiamo il nome perché non sarebbe corretto sbandierarlo assieme alle patologie per le quali ha dovuto far ricorso ai servizi sanitari. Sono affari suoi e non è giusto lo sappia il mondo. La vicenda senza nomi si può però raccontare. Nel mese di dicembre è stato sottoposto in un ospedale di Quartu a un intervento chirurgico con quale gli è stata impiantata una protesi al ginocchio.
Nel reparto inizia la fisioterapia e tutto fila liscio.
Il 21 dicembre viene dimesso.
Si tenga presente questa data perché ritornerà più avanti con un’altra disfunzione dei servizi sanitari alla quale è andato incontro.

Rientra a casa. Perché la fisioterapia sia efficace deve essere ripresa entro dieci giorni dalle dimissioni e la normativa ha recepito questa esigenza.
Il nostro amico è convinto di riuscire ottenere risposta in questo senso e prova col CUP, quello che  risponde al numero telefonico 1533 dai telefoni fissi, che ormai sono in estinzione come i panda, e allo 070-276424 da cellulare ma con tariffazione della chiamata.
Essendo del Marghine vorrebbe fare la fisioterapia vicino a casa, a Macomer. Risposta: a Macomer non c’è posto né oggi, né a breve e forse mai.
Unica possibilità a Terralba, oltre Oristano, ma a febbraio o marzo.
Il nostro amico si fa accompagnare al centro di riabilitazione di Macomer dove trova un solo paziente in trattamento.
Chiede spiegazioni, che non gli danno, e alla fine gli dicono che l’avrebbero chiamato per la fisioterapia.
A ieri, 21 gennaio, non si era ancora fatto vivo nessuno.
Dalle dimissioni dopo l’intervento sono trascorsi 31 giorni.

L’assurdo è che per il 21 gennaio gli avevano fissato un appuntamento al reparto oculistica a Nuoro per un intervento di cataratta.
Essendo impossibilitato a presentarsi ha chiesto di cambiare data e gli fissano il 19 gennaio. Era convinto di dover fare l’intervento, ma quando si presenta gli ritirano i documenti e gli dicono che l’avrebbero richiamato, forse il 24 giugno.

«Ho la sensazione -dice il paziente finito in un labirinto di normali disfunzioni sanitarie – che alle carenze e ai mille problemi della sanità faccia da sfondo un grosso problema di disorganizzazione.È mai possibile che il CUP non sappia se c’è qualche disponibilità in una struttura e mi mandi a fare la fisioterapia a 70 chilometri da casa e fra  due mesi quando invece dovrei farla subito? Se poi risulto ricoverato o in dimissione in un ospedale, perché non mi spostano il ricovero d’ufficio senza che sia io, il paziente, a preoccuparmi di tutto. So che c’è un sistema informatico che dovrebbe gestire tutte queste cose, ma ho la sensazione che non funzioni».

Il sistema si chiama SISAR che significa Sistema informativo sanitario integrato regionale, quello al quale si accede anche per consultare la cartella sanitaria. Col POR FESR 2007-2013, cioè con fondi europei per lo sviluppo regionale, sono stati spesi 14,6 milioni di euro per metterlo in piedi e farlo funzionare. Con un investimento del genere probabilmente si riuscirebbe a mettere in piedi un sistema in grado di pilotare le navi spaziali che vanno sulla luna. Il risultato invece è questo. Sciatteria? Menefreghismo del personale? «Forse c’è un po’ di tutto _ conclude il nostro amico, che non si arrende ancora a mettere mano al portafogli e ripiegare sul privato _, sta di fatto che anche con un sistema all’avanguardia come questo la sanità sarda non funziona. In campagna elettorale dovranno dirci perché. A fine febbraio si vota. Con le associazioni delle quali faccio parte terremo conto anche di questo e lo ricorderemo agli elettori con una mobilitazione preelettorale».