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Un fucile tra i beni culturali del Marghine

Il Segretariato regionale del ministero della Cultura svolge, unitamente agli istituti periferici che ne sono emanazione nel territorio, funzioni di tutela «volte all’individuazione, protezione e conservazione dei beni culturali, sia di proprietà pubblica che privata».

La dichiarazione di interesse è il provvedimento formale che riconosce la sussistenza dell’interesse culturale dei beni mobili o immobili che lo meritano.

Tra i 1505 beni individuati in Sardegna, appena 15 sono in territorio di Macomer e tra questi c’è anche anche un vecchio fucile ad avancarica della seconda metà del XIX secolo.
L’elenco lascia perplessi, non perché i beni individuati non meritino interesse e tutela, quanto per il fatto che altre cose di non minore importanza restano fuori.
Ci sono una decina di nuraghi, o quel che rimane di quelle che un tempo erano torri nuragiche, c’è la tomba dei giganti Funtana Meriaga, che forse andrebbe valorizzata, e ci sono tre case cantoniere, tutte delle Ferrovie dello Stato, due a ridosso dell’abitato (km. 153) e una è quella della stazione di Campeda.

È giusto che si tutelino le vecchie cantoniere disabitate della ferrovia perché, come la ferrovia che ha contribuito alla sua crescita, fanno parte della storia economica di Macomer, ma restano fuori dall’elenco altri edifici storici che avrebbero meritato qualche attenzione, come l’ex albergo Stazione nel quale si sono fermati alcuni dei grandi viaggiatori dell’Ottocento che hanno visitato la Sardegna e pare anche Garibaldi.

Sarebbe interessante recuperare i vecchi registri dell’albergo, ma sembra che siano andati in malora come gran parte degli arredi e molte altre cose.

Nonostante tutto l’albergo non fa parte dell’elenco.

Non c’è neppure la vecchia locomotiva delle ex Ferrovie Complementari restaurata negli anni Novanta che rischia di essere divorata dalla ruggine. Per non parlare dei vecchi carri ferroviari o delle vecchie littorine. Una parte di questi mezzi, quelli che erano in abbandono nella stazione di Tirso, sono stati portati via e non si sa che fine abbiano fatto. Nessuno ha mai pensato di realizzare con questo e altro materiale un museo del trasporto ferroviario sardo a Macomer. Nell’elenco non ci sono neppure i caseifici, che invece avrebbero meritato attenzione in quanto testimonianze di un passato economico importante. Dal punto di vista storico-architettonico il più interessante è forse l’ex caseificio Centola, a sinistra uscendo da Macomer dopo l’ex Motel Agip, ancora in buono stato come struttura portante ma ormai senza tetto. Per quanto orribile a vedersi, qualcosa può raccontarla anche l’ex Brasile, anche questo un rudere con gli ingressi murati. Capire la logica con la quale è stato compilato l’elenco dei beni dichiarati di interesse culturale in territorio di Macomer viene un po’ difficile. Se guardiamo i beni archeologici che ne fanno parte si tratta, per la gran parte, di piccoli nuraghi di alcuni dei quali rimane solo un ammasso di pietre. Alcuni macomeresi ai quali abbiamo chiesto informazioni non ne conoscono neppure il nome e la localizzazione: Nuraghe Mene, Nuraghe Matta ‘e sa Muzzere, Nuraghe Iscrocca. Per altri centri della Sardegna la scelta dei bei di interesse culturale è caduto su risorse importanti. Tra quelli di Cagliari, ad esempio, c’è anche il cimitero di Bonaria, per Cuglieri tra le altre cose c’è il vecchio seminario, di Bosa figurano le chiese, le torri costiere e persino i fortini militari, a Macomer e nel Marghine la scelta ha invece tenuto un profilo basso.