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Sanità e rivolta

Il Comitato per la difesa della sanità nel Marghine riprende la mobilitazione e chiede ai sindaci di scendere in campo a sostegno di una battaglia che finora si è scontrata contro un muro di gomma.

Le iniziative portate avanti in questi anni per cercare di frenare lo smantellamento strisciante del servizio sanitario in un territorio dove la domanda di salute è in crescita, finora non hanno sortito risultati.

Promesse tante, annunci roboanti di case di comunità, che sono poi dei contenitori vuoti, ASCOT, che colmano solo in piccola parte il vuoto lasciato dal pensionamento dei medici di base e non risolvono il problema della mancanza di dottori, e i centri operativi territoriali, i COT che dovrebbero servire per avvicinare i cittadini ai servizi sanitari. Il problema è che i servizi sono ridotti all’osso e il cittadino che ne ha bisogno più che non riuscire ad “avvicinarli”, molto semplicemente non li trova. Se negli ultimi anni a Macomer hanno aperto due strutture private che offrono servizi di specialistica e di diagnostica non è un caso.

Significa che quelli della struttura pubblica non ci sono o funzionano male.
È di una settimana fa la notizia che nel laboratorio dell’ospedale San Francesco di Nuoro mancano i reagenti per cui saltano certe analisi. Se si considera che molte analisi del laboratorio di Macomer vengono fatte a Nuoro non è difficile immaginare quali saranno le conseguenze nel Marghine, bacino di riferimento del distretto sanitario. È vero che ci sono i laboratori privati, ma superato un certo limite di spesa o di stanziamento si paga e non si tratta di spiccioli. Non parliamo poi del servizio di guardia medica che ormai funziona a singhiozzo. Per capodanno Macomer è rimasta sguarnita. La Regione vorrebbe ridurlo ulteriormente con conseguenze che sarebbero deleterie.

A tutto questo si è opposta duramente anche la presidente della conferenza dei sindaci del distretto sanitario di Macomer, Silvia Cadeddu, che si è dimessa dall’incarico per protestare contro la Asl di Nuoro che accusa di aver svuotato di ruolo e funzioni l’organismo da lei presieduto. «Ne comprendiamo le motivazioni e, in particolare, lo stato di frustrazione per non aver potuto incidere come avrebbe voluto, nel contribuire a migliorare la situazione socio sanitaria, sempre più difficile del nostro distretto -denuncia in merito il comitato per la difesa della sanità nel Marghine -. L’organismo che Silvia  Cadeddu presiedeva è stato infatti svuotato di poteri, come in più occasioni la ex presidente ha denunciato con fermezza».

Il comitato sottolinea quindi che l’organizzazione della sanità territoriale sembra rispondere a logiche che niente hanno a che fare con l’assistenza e la salvaguardia della salute dei cittadini. Poi si rivolge ai sindaci agli  amministratori comunali chiedendo loro di unirsi con convinzione alla mobilitazione per difendere il diritto alla salute di tutti i cittadini contro l’attacco ai servizi sanitari che sta portando alla loro cancellazione. «Un più attivo protagonismo di sindaci e amministratori – si legge nel comunicato – è assolutamente indispensabile per rivendicare scelte che consentano di superare le attuali criticità ed emergenze e per contribuire alla costruzione di un nuovo sistema sanitario territoriale all’altezza delle attuali esigenze e necessità delle comunità del Marghine». In poche parole, un appello alla politica di base, quella che è a contatto diretto con i cittadini, per fare da tramite con la politica di livello regionale, lontana dai bisogni e poco attenta, por non dire disinteressata, ai problemi della gente. Probabilmente il messaggio arriva al momento giusto, quello della campagna elettorale per le prossime regionali. Una mobilitazione sotto elezioni può spostare molti voti.