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Inceneritore: e se lo usassimo meglio?

La Tossilo spa si è salvata dalla liquidazione e ieri ne abbiamo dato notizia su questa pagina.
Oggi vale la pena di soffermarci su un aspetto importante della questione inceneritore che finora è stato trascurato, se non ignorato.

La struttura è stata vista sempre come strumento di servizio, cioè come macchina per bruciare ed eliminare i rifiuti. Nessuno (a parte Gianfranco Congiu che ha sempre difeso l’idea del distretto energetico incardinato sull’inceneritore) ne ha mai parlato come risorsa e strumento in grado di produrre sviluppo, cioè nuove attività e crescita economica del territorio con ricaduta occupazionale.

Oltre all’impianto di incenerimento, al quale è destinata solo la parte residua della raccolta differenziata (tra il 20 e il 25 %) in attesa che si trovino altre soluzioni di utilizzo che ne riducano ulteriormente la quantità, e all’impianto di compostaggio dell’umido, che se adeguatamente e opportunamente gestiti possono produrre reddito, un sistema di gestione dei rifiuti prevede anche la creazione di tutta una serie di linee collegate per la gestione e la trasformazione di tutto ciò che viene raccolto in maniera separata: carta e cartone, legno, plastica (soprattutto PET, la plastica delle bottiglie), tessuti, alluminio, vetro e altro, materiali che possono avere una seconda vita e diventare materie prime. Altri comuni si sono candidati ad accogliere la parte più conveniente della lavorazione come la gestione dei RAEE, i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, lasciando però a Macomer la parte meno nobile.

Sarebbe come prendersi la polpa e lasciare il resto a chi ha allevato il vitello. Purtroppo, finora, nessuno ha mai pensato a predisporre un piano per creare un polo regionale dei rifiuti a Macomer che comprenda tutto, anche la ricerca per la loro gestione e la sperimentazione di nuovi sistemi per ridurre la parte residua da incenerire con recupero di energia sotto forma di elettricità. Per incapacità, inidoneità, incompetenza di alcuni di quelli che sono stati al timone, soprattutto negli ultimi anni, la Tossilo ha rischiato seriamente la messa in liquidazione. Alla guida sono state più di una volta figure di nomina politica con la competenza di uno sfasciacarrozze al quale viene affidata la riparazione di un Rolex. L’impianto ha avuto anche molti nemici. È stato spesso osteggiato da posizioni ideologiche a corrente alternata, a seconda del vento che tira, ma soprattutto di chi era alla guida della società: amici o avversari. Nella deriva censoria si è perso di vista l’obiettivo di gestirlo come risorsa. Negli anni tutti hanno piazzato i loro uomini, non sempre modelli di competenza. Bisognerà ora vedere se la corsa a piazzare gli amici continuerà oppure si punterà a valutare l’effettiva capacità di chi sarà chiamato a guidare una macchina complessa, ma anche a sviluppare tutto ciò che potrebbe sorgere attorno, a partire dalla verticalizzazione del recupero dei materiali ai quali dare una seconda vita per proseguire con la ricerca sulle mille possibilità, anche e soprattutto economiche e occupazionali, che può offrire la gestione dei rifiuti.